Technoboss
de João Nicolau
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Catálogo/s:
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Distribuzione in Italia
Catálogo/s:
Portogallo, Francia, 2019, 112’
com Miguel Lobo Antunes, Luísa Cruz, Américo Silva, Tiago Garrinhas
Il sessantenne divorziato Luís Rovisco sta per andare in pensione da direttore commerciale della SegurVale – Sistemi integrati di controllo degli accessi. L’uomo passa il tempo al volante della sua auto, cantando canzoni ispirate a ciò che vede per strada.
Con il sorriso sempre sul viso e gli anni di esperienza, riesce a destreggiarsi tra le trappole che la tecnologia, i suoi colleghi e un capo misteriosamente assente continuano a mettere sul suo cammino. Nemmeno la morte del gatto Napoleone, il costante dolore al ginocchio o una bega familiare lo abbattono: non c’è niente che una canzone non possa risolvere. Solo quando incontrerà Lucinda, addetta alla reception dell’Almadrava Hotel, Luís si ritroverà improvvisamente a intonare una melodia diversa.
Festivais e Prémios:
Festival do Rio – Brasile 2019
Festival International du Film de Marrakech – Marocco 2019
Sevilla International Film Festival - Spagna 2019 (Grande Premio
della Giuria)
Viennale - Vienna International Film Festival – Austria 2019
Valdivia International Film Festival – Cile 2019
Mostra Internacional de Cinema de São Paulo – Brasile 2019
Locarno Film Festival – Svizzera 201
Ficha técnica:
Regia João Nicolau
Sceneggiatura João Nicolau, Mariana Ricardo
Montaggio João Nicolau, Alessandro Comodin
Direttore della fotografia Mário Castanheira
Musica Pedro da Silva Martins, Norberto Lobo, Luís José Martins Fonico Miguel Martins
Produttori Luís Urbano, Sandro Aguilar Thomas Ordonneau
Casa di produzione O som e a furia, Shellac
Distribuzione italiana Risi Film in collaborazione con Arch Film
Possiamo dire senza alcun dubbio che il cinema di João Nicolau reinventi i canoni della sospensione dell’incredulità: un cinema strampalato, surreale, con tanti momenti cantati anche se con una costruzione diversa rispetto al musical nelle sue varie declinazioni.
L’aspetto grottesco dei suoi film è in realtà il grottesco della società, commerciale, capitalistica, in cui viviamo. Giampiero Raganelli, Quinlan
Technoboss prosegue nel cammino artistico di Nicolau fatto di spiazzamenti, algida ironia e surrealismo. Alessandro Del Re, Filmidee
Un film ironico e malinconico che guarda a Jacques Tati e Otar Iosseliani. Emanuele Sacchi, My Movies
Nella partitura leggera che Nicolau affida ai gesti sghembi del suo personaggio in quella realtà sfuggente se non ostile, disseminata di trappole e di alter ego “nemici immaginari”, l’immagine si allena a parlare del contemporaneo senza farsi intrappolare in alcuno schema. Nicolau si prende il suo tempo, avanza, fa dei passi indietro, dilata, esaspera, regala istanti di tenerezza e improvvise crudeltà; non cerca la “perfezione” di quelle scritture (poco cinematografiche) in cui tutto torna, piuttosto un po’ come nell’esperienza del suo protagonista rivendica il primo posto della fantasia, di un fare cinema che precede il mondo e mai lo illustra dove la libertà è la prima “regola”
Cristina Piccino, «Gli universi fantastici del musical in una ballata di
rabbia punk», il manifesto, 13 agosto 2019
João Nicolau è nato a Lisbona e ha studiato antropologia. Lavora come regista, montatore, attore e musicista. Come montatore ha collaborato con João César Monteiro, Margarida Gil, Alessandro Comodin e Miguel Gomes. Nel 1999 realizza il documentario Calado não dá, ambientato nell’isola di Santiago a Capo Verde; Rapace (Bird of Prey), presentato al Festival di Cannes nel 2006, a Mar del Plata, Buenos Aires e alla Viennale, è il suo primo cortometraggio di finzione con protagonista un ragazzo la cui vita viene scossa da una giovane e bellissima traduttrice. Nel 2009 dirige il cortometraggio Canção de amor e saúde (Song of Love and Health), anch’esso selezionato a Cannes alla Quinzaine des réalisateurs. Nel 2010 termina il suo primo lungometraggio, A espada e a rosa (The Sword and The Rose), proiettato al Festival del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, a San Paulo e a Buenos Aires, racconta di un giovane lisbonese maniaco dell’ordine che decide di imbarcarsi su una caravella portoghese del XV secolo e di vivere secondo i codici della pirateria. Del 2012 è il cortometraggio O dom das lágrimas (The Gift of Tears), un viaggio iconografico immerso nella fantasia lusitana. Nel 2013 torna a Cannes con Gambozinos (A Wild Goose Chase), un breve racconto sull’esperienza di un bambino di dieci anni in un campo estivo. Il suo secondo lungometraggio, John From (2015), presentato a Siviglia, Torino, Belfort e San Paolo, è una commedia brillante e un po’ strampalata che gira attorno alla figura di Rita, adolescente alla scoperta del mondo, e ai suoi sogni d’amore. Il suo ultimo lavoro, Technoboss (2019), è stato presentato in anteprima al festival di Locarno
Note di regia
In questo film la cosa veramente importante è il confronto tra il personaggio principale e tutto quello che nel bene o nel male riesce ancora a emozionare: un incontro amoroso, una canzone, un gatto, un figlio, un nipote, una gamba che fa male. Technoboss si rifiuta di trattare l’inevitabilità della vecchiaia usando un’estetica di commiserazione, pietà o sfruttamento della sofferenza. Sarebbe impossibile farlo in un film che segue le peripezie di una figura così mordace e rocambolesca come Luís Rovisco.
Ecco alcune line guida, molte volte contradditorie, che mi hanno
aiutato a realizzare il film.
1. Fare un film su di un tipo, sessantenne e solitario, che soffre di giovinezza e non soffre a stare da solo. È come un bambino, un adolescente, sta cominciando una nuova tappa della sua vita.
2. Fare un film dove si canti molto senza per questo fare un musical.
3. Fare un film dove il protagonista passa tutto il tempo in macchina senza per questo fare un road movie.
4. Fare un film analogico, artigianale al limite della sopportazione e chiamarlo Technoboss.
5. Fare un film ancorato alla fisicità del corpo del protagonista e nella letterale assenza del corpo di uno dei personaggi principali.
6. Fare un film ambientato nel mondo del lavoro senza voler dare un’interpretazione morale e soprattutto senza fare nessun riferimento alla realtà esteriore al film.
7. Fare un film che è un tour de force attoriale e dare questo ruolo ad uno che non ha mai recitato in un film.
8. Fare un film dove tutti questi elementi siano al servizio di una storia d’amore